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Stalin in Italia, "Bepi del giasso"

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BALOTELLI
view post Posted on 26/12/2011, 16:53 by: BALOTELLI     +1   -1




A parlare di Stalin si pensa sempre di incappare, soprattutto in chiave biografica, in tomi voluminosi che descrivono la vita del dittatore che trasformò l'Unione Sovietica di Lenin da modello di evoluzione superiore al regime capitalistico in una macchina oligarchica, fatta di sospetto, polizia pubblica e segreta e, naturalmente, i gulag. Invece Raffaele K. Salinari ci parla di Stalin, per la verità accenna ad alcuni anni della sua vita giovanile, al di fuori del contesto della già formata Urss: siamo in Italia, infatti, nei primi anni del secolo scorso. Per la precisione nel 1907. E siamo ad Ancona, in un hotel. Il "Roma e Pace".

Un trentenne vestito "eccentricamente", entra nella hall e dice che si chiama Joseph Vissarionovich Djugashvili. Lo nota il portiere dell'hotel, Paolo Pallotta, che solo dopo molti anni capirà di avere incontrato il successore di Lenin alla guida di uno delle potenze più grandi del mondo.

Salinari racconta come ha costruito questo libriccino di poco più di trenta paginette: "Mi trovavo ad Ancona, diretto nella ex Jugoslavia dove era in corso la guerra. All'hotel "Roma e Pace" all'improvviso noto un ritaglio di giornale appeso ad un muro. Una notizia di altri tempi, tratta dal Candido, il settimanale satirico allora pubblicato con successso. Porta la data del 22 Dicembre 1957 e parla di Stalin e di un suo viaggio in Italia...".

La cosa incuriosisce il medico pacifista, ma in quel momento ha altro a cui pensare: le bombe fioccano su Belgrado e sulle città della Serbia e dall'Italia partono i caccia che danno il triste apporto di morte alla guerra della Nato.

Due anni dopo, un amico gli regala un fumetto di Hugo Pratt: "La casa dorata di Samarcanda". Arrivato a pagina 182, Salinari nota che anche Pratt parla di un passaggio di Stalin in Italia e fa dire a Corto Maltese, in quel momento in difficoltà con le autorità sovietiche: "Voglio parlare con il compagno Commissario delle nazionalità". Dopo una prima reazione stupita, glielo passano al telefono. Il colloquio è amichevole: "Ti ricordi sempre di Ancona?", chiede il marinaio avventuriero. Risponde Stalin: "Sì, sì, ne sono passati di anni da quel 1907!".

La curiosità di Salinari emerge e ritorna a quel suo transito per il capoluogo marchigiano di due anni prima e al ritaglio del Candido. Ne nasce così un'indagine vera e propria, ammantata dal giallo che il viaggio in questione sia veramente stato fatto o sia, invece, frutto della fantasia di un portiere di albergo.

Ma se fossimo nella seconda ipotesi, come avrebbe potuto Pallotta, un semplice lavoratore di un hotel inventarsi una storia simile? A che scopo?

Il racconto che Paolo Pallotta fa anche alla proprietaria dell'albergo, Mareva Papini, è dettagliato di circostanze, compreso il nome perfettamente riportato. E allora a Salinari non resta che recarsi sui luoghi dove questo racconto prende forma, dove dalla leggenda si può passare alla storia.

Incontra la signora Papini nel 2009 e, dalla sua viva voce, raccoglie la testimonianza a sua volta avuta dal Pallotta. Poi si reca a Venezia, dove pare che Stalin abbia fatto un'altra tappa. Qui non cercando lavoro in un hotel, ma - diretto a Berlino per incontrare Lenin - per sfuggire all'occhio inseguitore della polizia politica zarista (la famigerata Okhrana), si ferma nella Laguna.

Vi arriva via mare. E trova il luogo adatto al suo soggiorno: San Lazzaro degli Armeni. Si ritorna per un attimo alle origini caucasiche del giovane Stalin.

Salinari indaga anche in questo senso. Visita il monastero dove sarebbe passato il giovane "Koba" (Stalin adoperò questo nome da giovane) che avrebbe incontrato anche un sacerdote di culto armeno: padre Ignazio Ghiurekian.

Il giallo si fa fitto, ma viene equilibrato benissimo da Salinari: un salto nella storia e uno nel "possibile". Un salto nel fumetto di Pratt e uno nella figura alta, dai movimenti robotici, a scatti Raffaele K. Salinari e Giorgio Amico durante la presentazione del libro a Savona(per via di un incidente occorsogli da bambino, quando un carro gli era passato sopra senza comunque ucciderlo - segno della grande tempra dell'uomo chiamato "acciaio" -) che si muove tra il porto di Ancona e la Laguna veneta in direzione Svizzera, Germania e chissà... forse Russia.

Ma il giallo non finisce qui: perché tutto questi pericoli Stalin li corre per una missione segreta, importantissima, affidatagli dal partito... Su questa non diciamo, così da lsciarvi almeno una sufficiente curiosità per farvi acquistare un volumetto che è poi un racconto, un aneddoto, scritto per tutti. Per chi ha curiosità storica, per chi vuole gustarsi un episodio enigmatico della vita di Stalin, per chi semplicemente se lo trova tra le mani e pensa di avere a che fare con un inno a quel "Bepi del giasso" ("Giuseppe del ghiaccio"), così chiamato dai partigiani triveneti durante la Seconda guerra mondiale e che, da figura possente di un epoca diventerà una delle icone più adorate e contestate dai comunisti di mezzo mondo.

Marco Sferini - Dicembre 2010

www.rifondazionesavona.it/rubr/libr63.html
 
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