"Rinfresco" questa discussione proponendovi un boccone mal digerito che mi è “tornato su” in questi giorni: la legge sull'editoria.
Quella, per intenderci, che “foraggia” un buon numero di giornali con denaro pubblico.
Con tutto il rispetto per il diritto all'informazione, mi chiedo perché il contribuente debba “aiutare” giornali che già vendono (e dovrebbero essere in grado di “camminare con le loro gambe”) e farne sopravvivere altri letti da pochi intimi o che esistono solo per apparire nelle rassegne stampa.
Un illustre esempio di queste ultime è “Il Campanile”, organo dei “Mastelliani” e principale fonte di reddito per la famiglia del suddetto politico (che vi "lavora"): l'avete mai visto nelle edicole?
Mi dicono ci sia: un giornalaio ha raccontato che gliene arrivano 3 copie al giorno, nessuno le compra e lui le butta via puntualmente.
Se a questo aggiungiamo le accuse fatta a Mastella e coniuge sull'uso dei fondi statali per questo giornale, viene da chiedersi se non si tratti di una legge inutile, se non dannosa: che senso ha finanziare uno spreco di carta, inchiostro, energia e trasporti?
E la stessa cosa si potrebbe dire di tante altre testate: cito “La Discussione” e “La Voce Repubblicana”, ma non mi sembra che “Avanti!”, “Il Manifesto” o “Liberazione” siano messe molto meglio.
Così, torno ad avanzare una modesta proposta per dare un diverso “sostegno” all'informazione di partito (e non solo) sprecando assai meno soldi e dando a tutti la possibilità di farsi leggere:
1- Abolire del tutto i finanziamenti ai giornali: si sostengano da soli, con pubblicità, abbonamenti sottoscrizioni e quant'altro.
Sono imprese private e non è compito dello stato ripianare i loro deficit o finanziarli.
Possono rimanere le agevolazioni postali di cui essi godono.
2 – Lo stato può comunque sostenere organi di partito e pubblicazioni di determinati enti (le ONLUS, per esempio) mettendo loro disposizione siti internet che possono organizzare a loro piacimento, pubblicandovi articoli, commenti, foto e quanto ritengono utile per far conoscere le loro opinioni e attività.
Si può lasciare che, attraverso essi, partiti ed enti possano trarre qualche utile vendendo gli spazi pubblicitari.
Questo permetterebbe a questi soggetti di farsi sentire ugualmente, costerebbe allo stato una cifra assai più bassa e risparmierebbe gli inutili sprechi di materiali ed energia cui ho accennato.
Mi rendo conto che, in questo modo, un certo numero di redattori, “giornalisti” e tipografi potrebbero ritrovarsi disoccupati ma, mi chiedo, è giusto che la collettività li “mantenga” anche se sono, di fatto, costosamente inutili?
Parliamone, se vi va...