Ebbrezza di primavera"Ciao Frank!"
E Frank ricambiò il saluto. Il volto serio, caratterizzato da zigomi pronunciati, un naso gradevole ed una bocca serrata in un sorriso appena accennato. Gli occhi neri trattenuti in palpebre semi serrate apparivano senza luce, sormontati da folte sopracciglia inarcate.
La fronte appena solcata dei segni del tempo, era coperta di ciuffi di capelli neri.
"Come stai carissimo?"
Alla sua domanda Frank rimase in silenzio; ai più distratti sarebbe sembrato non sapesse che rispondere, ma quella pausa è la sola necessaria quando è lui ad ossevarlo negli occhi, attendendo la risposta.
Sa che Frank non deve deluderlo, anche avesse dovuto aspettare ore, giorni, mesi, anni, una vita.
Le spalle si alzarano come a raccogliersi al collo e alla testa, innalzando le spalline della giacca di color seppia, il suo colore preferito.
La figura di Frank di fronte al suo interlocutore si presentava scarna, indossava un completo di tessuto grezzo, una maglietta nera a collo alto e mocassini bianchi di un certo pregio che testimoniavano, per esse, la cura maniacale del proprietario.
La stanza era delimitata da muri irregolari che imposero a Frank una particolare e forse difficoltosa organizzazione dell'arredamento, composto per la maggiore da mobilia d'epoca. Egli se ne serviva per ricordare a se stesso che viveva in un tempo cui sentiva di non appartenere.
Quando Frank entrava in un negozio di antiquariato apriva gli occhi. Le palpebre si schiudevano totalmente, la fronte si contraeva e le labbra lentamente si rilassavano fino a scoprire un'espressione di sollievo.
Lo sguardo si inoltrava oltre la solidità delle strutture, la raffinatezza degli intagli, la qualità del legno. E la mente dipingeva altri volti, altre luci e altre musiche. Donne in stretti abiti a tubino, impreziosite di guanti pizzati fino al gomito e curiosi cappelli appoggiati sulle chiome corti, che raccoglievano fiduciose l'invito a ballare di uomini altrettanto eleganti in completi scuri, camice bianche, panciotto e farfalle. Gonne frastagliate, capelli lucenti e
scarpe da gran ballo ispirati da un grammofono che generosamente intonava:
"Heaven, I'm in Heaven,
And my heart beats so that I can hardly speak;
And I seem to find the happiness I seek
When we're out together dancing, cheek to cheek."
"Forse sono un idiota." Fu la risposta di Frank.
Osservò il suo interlocutore, che non distoglieva lo sguardo da lui. Avvertiva una sensazione di benessere da quell'incontro; di fronte a lui una persona che poteva essergli complice.
"Se tu fossi un idiota, saresti ancora più fortunato."
Frank distolse lo sguardo e lo piantò sui mocassini bianchi del suo interlocutore.
In quel momento, l'unica finestra della stanza s'aprì, spinta da un'improvvisa folata di brezza di primavera inoltrata, inondando lo spazio di rinnovati odori. Una vecchia foto scivolò dal comodino e ricadde sulla federa, anch'essa color seppia, del cuscino.
La foto di una giovane donna vestita di bianco, capelli mori lunghi fino alle spalle, un sorriso volontariamente contenuto ed occhi che tradivano un amore in cuore e nelle mani, raccolte sul ventre, una rosa gonfia di petali apparentemente rossi, fresca della rugiada del mattino.
Frank sentì sulla pelle scorrere un brivido, e non fece alcun gesto.
"Non conta il giudizio. Se perdessi di vista cosa sei? Per il timore o per il compiacimento del giudizio."
Frank rimase colpito. Sentì una profonda solitudine.
Egli temeva di sperimentare cio che era, ne aveva il sentore.
L'aria nella stanza si profumava degli odori della terra e del tempo fuori delle mura.
Frank avvertiva la sensazione di freschezza: "E' una voce altisonante, questa brezza, che con arroganza proclama la vita. E questa vita travolge anime, le esalta e le mescola, lascia loro lividi e prosegue incurante. Sono vittima della vita."
"Il meglio che tu puoi fare è amare Frank." L'interlocutore disse.
L'attenzione di Frank si concentrò, senza particolare sorpresa, sul taschino della giacca del suo interlocutore, dalla quale spuntava un elegante fazzolettino rosso di seta con una scritta ricamata con del filo bianco. "knarF".
Frank ascoltava con le braccia cadenti e le mani raccolte le parole del suo interlocutore.
Non sembrava particolarmente turbato, neppure quando per un gesto istintivo si portò entrambe le mani ad accarezzare i capelli.
Il personaggio di fronte a egli fece lo stesso; disgiunse le mani, finora raccolte all'altezza del ventre e le porto alla fronte. Eppure qualcosa di distinto a Frank parve cogliere; in seguito a quel gesto, al suo interlocutore cadde di mano una rosa gonfia di petali apparentemente rossi, fresca della rugiada del mattino.
Frank si chinò sulle ginocchia. Non colse una rosa. Ancora piegato alzò il viso e colse lo sguardo di lei.
Bella, nel suo vestito bianco, gli occhi traditori, il sorriso conosciuto.
Lei sembrò non poter dire parola. Frank sembrava non aspettarsi alcuna parola.
Il profumo del tramonto penetrava la stanza, Frank sentì un'insopportabile angoscia crescergli in petto.
Un desiderio irrazionale che la vita rese irrealizzabile e dal quale, a Frank, non era concesso liberare se stesso.
Il tempo perse la sua dimensione e in lui crebbe la strana sensazione di potersi rivalere sulla vita.
Gli occhi si gonfiarono di lacrime ed egli, nel momento in cui l'angustia divenne dolore, vide a terra la rosa gonfia di petali rossi viva e fresca della rugiada, bagnata dal suo pianto. Fece per coglierla. La volle posare sulle mani di lei. E si addormentò.
VOTATE!!!
Edited by SirLancillotto - 17/7/2009, 08:02