| Fuori concorso: Lo Specchio. Le mie due donnine erano partite di casa per andare in viaggio di studi,
come sempre subito dopo essere tornato dll'aereoporto mi trovavo di colpo a dover digerire la mia nuova solitudine.Al salir le scale sentivo il vuoto innodarmi il cuore,arrivato al secondo piano nella mia stanzetta sul letto c'era lei,la mia gatta siamesa che mi guardava con i suoi occhi celeste chiaro incastonati in musino affilato e marroncino chiaro dalla bocca agli occhi per diventare nero sino alle orecchie. Era rimasta chiusa in casa quando siamo usciti,ma non sembrava esserne scontenta,mi sedetti vicino a lei e cominciai ad acarezzare la sua testolina mentre lei faceva le fusa. Difronte a me il casettone e lo stereo sopra, di fianco sul lato destro la finestra che da al mare,socchiusa lasciava intravedere la forte luce mediterranea delle 12,quando il sole raggiunge il suo zenit dirigendosi a sud,illuminando il mare che non vedevo ma ne sentivo la presenza,si era alzata una brezza termica che di colpo diventò vento,e una folata aprì una persiana dando un forte colpo sulla parete della casa,facendo sobbalzare la siamesa,la luce spaccò la penombra illuminandola,l'antico cristallo al mercurio incastonato dentro una cornice del settecento cominciò a mandarmi immagini della stanza,e come una giostra l'abitazione prese a girare come i miei occhi e di colpò si fermò su una vecchia foto. Lei era lì e sembrava guardarmi dal passato,con i suoi caplli biondo castano e i suoi riccioli che le scendevano a boccoli sulle spalle. Mentre guardavo il suo viso la memoria correva come luce che viaggia nello spazio e nel tempo,e di colpo si soffemava per mostrarmi particolari, e la rividi in Navarra nel parco dell'Iraty,tra boschi di betulle e prati aperti che andavano dal verde intenso al giallo,e poi il rumore del fiume mentre nella piccola canadese stavamo facendo l'amore. Il rumore del fiume che scorreva impetuoso non lontano da noi sembrava cantare una canzone che il vento modulava,poi sudati andammo a bagnarci,io aspettai ma tu ti tuffasti in quelle gelide acque,poi riemergesti e con un grido ritornasti verso me,di colpo mi passò la voglia di tuffarmi e ritornammo alla tenda. La notte ci fù un violento temporale e ci stringemmo per darci coraggio lun l'altro,sentivo il profumo del tuo respiro con con il naso vicino alle tue labbra,ricordi verso sera prevedemmo che sarebe arrivato il temporale, e mettemmo come parafulmine le mie scarpe da tennis sui due pali in alluminio contraraposti da poppa a prua. L'alba ci ritrovò dormienti e abbracciati,il sole stava sorgendo sull'Iraty egli alberi avevano cominciato a riempirsi di vita con il canto di centinaia di uccelli,poi quella visione che ci lasciò ammutoliti,fermo ad un centinaio di metri un enorme Cervo sembrava guardarci,e di fianco a lui la sua compagna di statura decisamente più piccola, avevamo avuto fortuna nel vederli,dopo poche ore ripiegammo la tenda e riprendemmo la via verso Donosti. La siamesa stava ronronando ormai sulle mie ginocchia,ma io stavo entrando nel parco di Yaschibel completamente bagnato,dopo avere cercato invano un passaggio e aver camminato per quasi venti kilometri. Solo per poter stare con te nella residenza degli aranci,casa dei tuoi importanti genitori,tua Madre mi guardò come a un mendicante,e tua sorella nemmeno mi salutò,poverina cosi bella e cosi triste,aveva perso il suo amore in un incidente di macchina,e si portava dentro la colpa di avergli gridato a 150 all'ora gira a destra,cosa che fece e fini a sbattere contro un palo dell'autostrada,tra Ondarribia e Donosti,lei soppravvisse per miracolo ma resto senza voce. L'unico che mi venne incontro con allegria fu Ugo,lo Snauzer nano che era tuo e mio ormai,e mi fece delle feste persino ululando. Quando entrai nella tua stanza stavi sdraiata a letto e Ugo si piazò ai toi piedi,ti guardavo come solo un innamorato pazzo può fare, e senza dire nulla appoggiai la mia testa sul tuo seno,tua Madre mi aveva detto che avevi preso una Polmonite,e pensai subito a quel tuffo nell'Iraty. Tu mi dicevi che non era nulla ma le mie lacrime si mescolavano con l'acqua dei miei capelli ancora bagnati,e tu non te ne accorgesti. Alla fine di Luglio ti spegnesti tra le mie braccia lasciandomi il vuoto e la tristezza come amica,povera amore mio,è bastato il riflesso di un raggio di sole sullo specchio veneziano a riaccendere in me con la stessa violenza, quei dolorosi momenti, e quell'ultimo addio quando volli rivederti il giorno dopo ormai gia all'obitorio facendo arrabbiare il guardiano che non voleva aprire la bara,fino che le mie lacrime toccarono i suoi sentimenti, il tuo viso era oro,e il tuo sorriso sereno con la bocca ormai chiusa,mi fecero rimbalzare nella mia testa le tue ultime parole: Non avere paura amor mio quando verrà il tuo momento sarò lì ad aspettari. Gabrel.
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