Tema Libero

[Premio Papazilla Nr 5] Fiori calpestati, di _basura_

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Team Tema Libero
view post Posted on 10/5/2010, 17:23     +1   -1




Fiori calpestati




3 settembre 2004

Malika è una bambina di 6 anni, viso pallido e capelli color pece tagliati corti, occhi grandi e azzurri come la madre e una bocca sempre aperta a sorridere. Lei è una dei bambini sopravvissuti alla strage della scuola di Beslan, in Russia. Più di cento altri bambini suoi compagni di scuola, sono morti o sono rimasti terribilmente mutilati.

14 gennaio 2009

Malika e i suoi amici russi al Kinderinstitut di Mullheim stavano festeggiando il capodanno russo, facendo esplodere petardi e cantando canzoni del loro Paese natale. Come molti dei suoi amici sono venuti a stare in Germania poco dopo la strage di Beslan. Il padre di lei, soldato, era morto in Cecenia quello stesso anno per un attentato ad un blindato russo. La madre casalinga non potè più badare a lei, così la affidò ad una Fondazione che si occupava di far ospitare figli orfani o di famiglie in gravi condizioni economiche in un Istituto in Germania fino alla maggiore età o fino a quando i genitori non avessero potuto riprenderseli. La separazione era stata dolorosa, ma la simpatia e l’affetto dei preti aiutarono i più ad ambientarsi in fretta. Poteva sentire la madre tutte le volte che voleva, aspettando ogni volta il suo turno.

Al Heim dove viveva organizzavano ogni mese una gita al Parco divertimenti Okidoki o al Parco avventura Foresta Nera. Per entrambi ci voleva poco meno di un’ora per arrivare, in pullman, dieci minuti in meno con il pulmino. Il pullman partiva tutte le prime domeniche del mese con 50 bambini a bordo, quelli che lo meritavano. Il pulmino partiva quasi ogni domenica, con 6 bambini accompagnati dal Superiore. Gli altri rimanevano all’Istituto a fare le pulizie e a dare da mangiare agli animali del parco.
C’era naturalmente chi in gita si comportava male, quelli venivano mandati dal Padre Superiore a prendersi l’”assoluzione” all’ultimo piano dell’istituto. I piani erano quattro senza ascensore, centosessanta scalini in tutto. In molti quando si dirigevano dal Superiore piangevano, alcuni tra i più grandi andavano quasi di corsa, con aria arrogante e di sfida. Chiunque tornasse però, aveva lo sguardo a terra e non pronunciavano parola.

Una volta, alla domanda di Malika a Sasha, una ragazza ucraina di 15 anni paffuta e dai capelli lunghi e biondi, cosa succedesse nel “confessionale”, non ricevette altra risposta che uno sguardo di odio, come se fosse lei la colpevole di quello che le era appena accaduto. Malika aveva deciso che per nessuna ragione avrebbe ceduto alla curiosità di conoscere i metodi di “purificazione” ai quali venivano passati i bambini.

7 giugno 2009

Splendida giornata estiva, quella giusta per andare a divertirsi al Parco divertimenti. Malika sedeva nella prima fila del pullman. Aveva deciso che le ultime file le lasciava volentieri ai più grandi, a lei piaceva guardare la strada e veder avvicinarsi la meta. Arrivati all’entrata del Parco i bambini formano dei gruppi da 8 accompagnati dai preti o dagli assistenti. Cercava sempre di evitare i gruppi con Milan, un tredicenne sbruffone che ormai saliva all’ultimo piano dell’Istituto quasi una volta a settimana, ma quella volta ci capitò per forza. Milan prendeva di mira le sue prede, le stuzzicava fino all’esaurimento, poi le provocava fino a farle reagire. Qualche volta gli assistenti lo fermavano in tempo, e i centosessanta scalini per l’inferno li faceva da solo, ma troppo spesso arrivavano troppo tardi, quando i bambini provocati si erano già lanciati su Milan, e allora gli scalini venivano fatti in coppia. Quella volta Malika sentì dire qualcosa su sua madre e di come si sarebbe potuta guadagnare i soldi per vivere e per mandarle i regali in una casa vuota e in un letto senza più il marito. Quando gli assistenti li separarono, lei aveva ancora in mano una ciocca di capelli.

I gradini sembravano molti di più di quanti non fossero in realtà. Mentre salivano, Milan anche in presenza del prete continuava a prenderla in giro, le diceva che finalmente toccava anche a lei ricevere “l’assoluzione”, che fin’ora le era andata bene. Malika entrò dopo Milan, che rimase dentro circa mezz’ora. Quando fu nella stanza, il Superiore era girato di schiena, rivolto verso la finestra che dava sul cortile. “Non me lo sarei mai aspettato da te Malika. Eri sempre stata brava fin’ora.” Si girò ed era scuro in volto, rabbioso. Quando uscì di nuovo dalla stanza, aveva gli occhi gonfi di lacrime. Era stata punita con una bacchetta, violentemente frustata con i pantaloni calati sulle ginocchia.

11 giugno 2009

Le giornate all’Istituto passano tutte uguali, dopo un po’ ci si abitua alla monotonia. La mattina la sveglia suona prestissimo, prima delle sette, e alle 7 e 10 tutti devono sostare nell’ingresso davanti alla cappella per la messa della mattina. E’ una messa molto più breve di quella della domenica, perché ci sono le lezioni. Una predica veloce dove si possono sentire in elenco i nomi dei bambini che si stanno comportando male che devono prendere esempio dai bambini che fanno i bravi. E il più delle volte, quando si sta fuori in cortile, i primi ripetono in tono canzonatorio i nomi dei “leccaculo”. Normale amministrazione tra bambini.
L’estate era passata in fretta e le gite erano state tutte bellissimi ricordi. Malika ancora non era mai riuscita ad andare ad una gita extra sebbene si impegnasse molto. Non che i bambini tornassero poi tanto felici da far provare invidia, dopotutto erano sempre accompagnati dal Superiore che difficilmente dava tutta quella libertà che ricevevano dai preti o dagli assistenti. Ma piuttosto che stare chiusa nell’Istituto, andava volentieri anche all’inferno.

6 gennaio 2010

Una nevicata d’altri tempi aveva bloccato tutte le strade della Germania, gli spartineve erano al lavoro ma era troppo esiguo il numero dei mezzi per riuscire a portare alla normalità la viabilità. Così quella domenica non si potè andare al Parco a passare la solita prima domenica del mese fuori dall’Istituto. I preti avevano lavorato sodo per permettere dei giochi per tutti i bambini e farli divertire. Avevano anche organizzato una grigliata in palestra, su autorizzazione del Superiore. Malika da qualche tempo si era fatta una amica speciale, si chiamava Maila, era russa anche lei, rimasta orfana per un incidente ferroviario pochi mesi prima. Aveva 5 anni, le mancavano tutti gli incisivi superiori, il che rendeva il suo sorriso incredibilmente simpatico. Era bionda con il capello lungo raccolto in una treccia che copriva quasi tutta la schiena. Giocavano sempre insieme. Maila essendo orfana, da un momento all’altro sarebbe potuta andare via con una famiglia adottiva, come era successo per altri bambini durante la permanenza di Malika all’Istituto, quindi giocavano insieme come fosse sempre l’ultimo giorno.
Quel giorno Malika compiva gli anni, ne faceva 12. Era diventata molto alta e molto carina. Stava giocando con una bambola regalata dalla mamma in Russia. Era di quelle che parlano quando le schiacci la mano, e sapeva che era stata una grandissima spesa per la madre che viveva ancora da sola e campava con i sussidi e la esigua pensione del papà morto soldato.
Per un po’ fece giocare Maila con la sua bambola che era entusiasta. Rovinò la giornata il solito Milan, che arrivò di gran carriera a strappare di mano la bambola alla piccola. Subito Malika si avventò contro il ragazzo, e perse completamente le staffe quando lo sentì dire quel giocattolo sua madre non se lo poteva permettere, e chissà che per comprarglielo non era andata a succhiare qualche cazzetto russo “... e tu da grande farai come tua madre, rimarrai sola e per fare regali ai figli farai la puttana!” scoppiando di nuovo in una risata. Accadde tutto in pochi attimi, una pietra si levò in aria, le risate cessarono, e dalla fronte del ragazzino si aprì una ferita facendo scivolare giù un rivolo di sangue. La festa assunse d’un tratto un’aria densa di nervosismo, di urla e imprecazioni. Arrivarono i preti e portarono i due di dal Superiore. Di nuovo lei entrò per seconda rimanendo fuori in corridoio ad aspettare. Milan uscì con l’aria rabbiosa, ma lo sguardo basso. Malika, entrò nella stanza, il Superiore era sempre rivolto di spalle, guardava giù nel cortile. “Siediti Malika.” Ci fu un momento di silenzio. “Mi avete fatto infuriare oggi Malika. Ho fatto organizzare una festa di compleanno in fretta e furia perché ci tengo ai vostri sorrisi, invece voi siete riusciti a rovinare a tutti la domenica. Sai che oggi è il giorno del Signore Malika? Oggi non avete rispettato me, l’Istituto, la Santa domenica e il Signore.” Di nuovo silenzio, imbarazzato. “Questa è la seconda volta che vieni. Forse la prima non è servita abbastanza.” Ci fu ancora una pausa, di nuovo silenzio. Poi il Superiore si girò e i suoi occhi erano pieni di odio. “Spogliati Malika, spogliati tutta!”

Quando ridiscese le scale per andare verso il piazzale davanti alla mensa, aveva gli occhi ancora rossi, bruciavano e pizzicavano, ma non poteva piangere. “Umiliati al cospetto di Dio e chiedi perdono!” Uscì dal portone a vetri e camminò lenta dando le spalle alle finestre dell’ultimo piano, da dove il Superiore la stava osservando.

7 gennaio 2010

Sasha era di fronte a Malika al tavolo della colazione, vedeva lo sguardo basso, aveva perso il sorriso, e sapeva perché. Chiunque ritorni dall’ufficio del Superiore ha quell’atteggiamento lì, almeno le prime volte. Quello che succedeva dal Superiore non poteva essere raccontato, sapeva come minacciare i bambini e costringerli al silenzio, il porco. Sasha era stata minacciata con dei filmati, che ritraevano lei e il Superiore, solo che Lui, non si vedeva, l’inquadratura era sempre molto bassa. Non poteva far arrivare quelle immagini a sua madre. Stava sopportando da 8 anni. Al compimento di 18 anni avrebbe dovuto abbandonare l’Istituto e tornare in Russia, trovare lavoro e contribuire da sola alla propria sopravvivenza. Le dispiaceva per Malika. Milan l’avrebbe pagata cara.

27 febbraio 2010

Passarono le settimane e Malika non tornò mai più dal Superiore. Una sola volta non era potuta andare in pullman in gita, per punizione. Domani Malika sarebbe andata con altri ragazzi al Parco avventura con il pulmino. A cena Sasha si sedette accanto a lei, rimase muta per un po’, poi la guardò negli occhi e cercò di tenere la voce bassa: “Non dovrei dirtelo Malika, rischio grosso. Ma mi sei simpatica. Non andare domani con il Superiore, io ci sono stata spesso, ma preferisco le botte. Simula un mal di pancia, la febbre, quello che vuoi. Fai come quando non vuoi andare a messa.” Poi si alzò senza finire di mangiare, e andò a posare il vassoio.

28 febbraio 2010

Quel giorno era la più grande del gruppo, tutte bambine. La più piccola era Veruska, appena arrivata anche lei dalla Russia, aveva 5 anni. Dal finestrino poteva vedere Sasha che la fissava immobile.

Il pulmino si mosse da Mullheim direzione Neuenberg am Rhein e poi in autostrada verso sud. Il prete che le guidava aveva messo nel lettore cd il solito disco che le ragazze cantavano a memoria intonando anche i pezzi dove il cantante lasciava spazio ai suoi colleghi musicisti di esibirsi nei loro assoli. Le bambine cantavano e battevano le mani, e il cd fece un altro giro. A metà cd le bambine si stancarono di cantare e battere le mani. Malika si lasciò cadere sul sedile sbuffando e guardò fuori dal finestrino. Vedeva case che non aveva notato le altre volte, e non erano sulla strada a 4 corsie che portava a Lorach e tantomeno su quella alberata che portava al Parco avventura. Non avevano preso la solita strada. Veruska giocava con le sue trecce. “Dove andiamo?” chiese Malika dubbiosa. Non ricevette altra risposta che uno sguardo rivolto all’indietro del Superiore. Lesse i cartelli “France” e “Saint Louis”, poi lesse l’ultimo, “Attenschwiller”. Entrarono in una stradina di campagna che finì in una villa enorme. Erano passate almeno due ore dalla partenza, erano molto più lontane di quanto non avrebbero dovuto essere. Le bambine erano mute e preoccupate. Intuivano che quella non sarebbe stata la solita gita. Erano in Francia e non avevano preso la strada per il Parco divertimenti.

Ad attendere il pulmino c’erano una dozzina di uomini che Malika non aveva mai visto, e una donna che diede una busta al Superiore. Le bambine andarono ognuna con due adulti diversi. Maila era terrorizzata e piangeva e scalciava, Veruska era paralizzata. Malika sapeva che quegli uomini erano amici del Superiore, e sapeva che era inutile resistere. Vincono sempre loro.

Alcune ore più tardi tornarono all’Istituto. Le bambine durante il viaggio rimasero abbracciate l’un l’altra. Il prete conducente aveva rimesso lo stesso cd che si usava nelle gite, ma non c’era voglia di cantare, di intonare o di battere le mani. C’era silenzio dietro, e sguardi vuoti.

7 marzo

La domenica seguente andarono al Parco divertimenti con il pullman. Malika ci andò con poco spirito, ma se non faceva come niente fosse, avrebbe di nuovo far visita al Superiore. Capiva ora perché i bambini rimanevano tristi o facevano fatica a sorridere dopo le gite in pulmino quando erano accompagnati dal Superiore. Non era la sua severità a rovinare la gita. Non solo.

Poco prima di rientrare in Istituto il pullman fece un balzo in avanti e rallentò di colpo. Erano le 6 di pomeriggio ed era già buio. Si vedevano dei lampeggianti in lontananza. Entrarono nel viale attraverso il cancello, si fermarono davanti all’edificio, dietro una volante della polizia. Un agente si avvicinò e rispose al prete: “una ragazza e crediamo il vostro Superiore sono morti. Pare che la ragazza abbia ucciso prima lui, poi si sia tolta la vita. Ci segua per favore, ai ragazzi pensiamo noi”. Fece un cenno ad altri agenti che le presero in consegna, mentre il prete veniva accompagnato ad una delle auto.

30 marzo 2010

Malika e le altre bambine vennero affidate ad un altro istituto, seguite da una squadra di psicologi infantili. Sasha quella mattina rimase in Istituto con altri bambini. Dopo pranzo andò dal Superiore nel suo ufficio, la videro quasi correre. Probabilmente cercò di gettarsi subito contro di lui, ma si dovette arrendere. Subì l’ennesima umiliazione, ma fu l’ultima. Con un morso portò via tutta la virilità del Padre Superiore, e quando lo vide a terra, si scagliò su di lui con delle forbici affondandole nella gola e nel petto e nello stomaco. Continuò a pugnalare anche quando ormai aveva già esalato l’ultimo respiro. Poi scrisse due biglietti. E si buttò dalla finestra.

Uno dei biglietti era per la Polizia, l’altro per Malika, li aveva nascosti all’interno dei suoi pantaloni così che non venissero trovati dalle persone sbagliate. Dopo che l’accusa e la difesa l’avevano preso in esame, era potuto tornare tra le mani della legittima proprietaria: “Siamo come fiori calpestati, ci hanno impedito di vivere la nostra vita. Ma ora è finita. Dovevo farlo prima. Ti voglio bene!”




VOTATE!!!
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nefasto62
view post Posted on 11/5/2010, 06:04     +1   -1




fuori tema non classificabile
 
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Team Tema Libero
view post Posted on 11/5/2010, 06:28     +1   -1




Come da regolamento, il commento di nefasto62 non vale ai fini della votazione ed è stato eliminato dal topic interessato.

Invitiamo TUTTI, ed in particolare invitiamo i nuovi UTENTI, a non postare senza aver prima letto il REGOLAMENTO GENERALE e a non votare i racconti senza aver prima letto il REGOLAMENTO DEL CONCORSO.

Grazie per l'attenzione.


Team Tema Libero

Edited by Team Tema Libero - 11/5/2010, 07:47
 
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2 replies since 10/5/2010, 17:23   390 views
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