Caldo... caldo... La linea 1, la Rossa di Milano d'estate è un forno, ci potresti cuocere una pizza senza problemi. La gente suda, si agita nel vano tentativo di trovare un po' di frescura, e riesce solo a sudare di più. Anche l'odore incomincia a diventare un po' troppo pesante.
Però è l'unico modo per attraversare Milano in tempi veloci, bisogna sopportare pazientemente questi disagi se ci si vuole spostare in città. D'altronde, neanche parlarne di entrare in centro con la macchina: sarebbe in pratica un suicidio, oltre che un esborso assurdo per le multe che fioccherebbero.
Ricordo l'inverno del 1985, quello della grande nevicata, con quasi un metro di neve caduto in città. Le automobili erano praticamente irraggiungibili, sepolte sotto un manto di neve. Ma anche se si fossero potute raggiungere, chi le avrebbe potuto guidare in quelle condizioni, solo un guidatore di rally nordico.
Però c'era stata una cosa di buono in quell'occasione: si era sviluppata la solidarietà fra tutti i cittadini. I servizi pubblici di superficie erano andati completamente in tilt. Alcuni mezzi circolavano con ritardi spaventosi: anzi, non esisteva più un orario: molti autisti e tranvieri andavano proprio allo sbaraglio, su strade nelle quali faceva fatica a passare lo spazzaneve e facevano quello che potevano, senza preoccuparsi del fatto che il loro turno fosse abbondantemente finito. Quei pochi, tenaci automobilisti che erano riusciti a togliere la macchina da sotto il mucchio di neve e a montare le catene, caricavano chiunque chiedesse un passaggio senza minimamente preoccuparsi.
La meta, per tutti, era la stazione della Metropolitana, nel nostro caso la stazione al QT8. Lì si riusciva, con alcuni scivoloni sui gradini ancora pieni di neve ad arrivare al ripiano dei treni. Poi finalmente da lì riuscivi ad arrivare abbastanza bene all'ufficio. Certamente nell'ultimo tratto, dalla fermata del metrò al portone dell'ufficio dovevi arrangiarti, un po' scivolando, un po' appoggiandoti al muro, un po' sperando in Dio finalmente riuscivi ad arrivare, in spaventoso ritardo, anche di oltre un'ora e mezza, ma i ritardi in quel periodo furono cosa normale. E alla sera, percorso inverso, con l'aggravante che spesso la neve gelava e sembrava di pattinare. Di solito. uscendo alle cinque, riuscivo ad arrivare a casa entro le nove. La distanza era di quindici chilometri.
E' stato in quell'occasione, dopo qualche giorno di discussioni, che l'Esercito aderì alle richieste del Sindaco e attrezzò i carri armati Leopard con delle lame spartineve e diede una grossa mano per sgomberare le strade. Per i bambini e i ragazzi in generale vedere quelle macchine da guerra che pulivano le strade era uno spettacolo strano e inconsueto. Chissà se gli è rimasto in testa che, oltre a mettere dei fiori nei cannoni, si potevano mettere davanti ai carri armati degli strumenti utili e benefici.
P.S. scusate, ho visto solo ora la precisazione di Bas, quindi mi rendo conto che non ho trattato tutti e tre i temi. D'altronde questo era già quasi pronto e mi spiaceva buttarlo via...