| Cosa vuoi fare da grande? È questa la domanda che tutti i bambini di questo mondo si sentono rivolgere, quando ancora non hanno capito niente, e non sanno nemmeno leggere e scrivere. È in effetti una bella pretesa che un bambino di quattro o cinque anni abbia le idee abbastanza chiare su quello che potrebbe diventare il suo futuro lavorativo, al massimo potrà chiedere un nuovo giocattolo. E anche su quello ci sarebbe da discutere: un bambino di solito cambia idea con la velocità della luce. Il camion dei pompieri, no, no voglio un cane. No preferisco un gattino come il mio amico, eccetera. Io no: a quattro/cinque anni, più quattro che cinque sarà stato il 1940, avevo le idee chiarissime. Volevo fare il Padrone di Casa. Spieghiamo meglio: in quegli anni erano pochi quelli che possedevano la propria abitazione: si andava quasi sempre in affitto. Dove abitavamo noi a Milano (Via Parini) un signore, con grande lungimiranza aveva comperato l’intero stabile, direi 15/18 appartamenti e due o tre negozi. Ogni mese passava a incassare l’affitto, in contanti ovviamente, non si usava ancora l’incasso tramite banca o con assegni. Io ero affascinato da quella figura che ogni tanto passava, suonava il campanello e tutti gli davano dei soldi, lo trattavano bene, gli offrivano il caffè o altro (quasi sempre rifiutato, e ci credo, ne avrebbe dovuti bere una ventina…). Perché a quell’uomo che secondo me non ti dava niente in cambio, tutti davano dei soldi, e non sembravano scontenti di averglieli dati? Doveva essere un magnifico lavoro! E poi era temuto da tutti, chissà quali poteri aveva, visto che se facevo i capricci mi minacciavano: Se non la smetti lo dico al Padrone di Casa... Sogni di un fanciullino…
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