La ribellione di Lisa
L'agente Tani guardò l'orologio: erano le 2 di notte e ancora non era successo niente... che palle!
Il suo collega, l'agente Corleto, guidava l'auto di servizio con la solita flemma, senza mai spingere il motore oltre i 3000 giri; per strada non si vedeva un cane.
Tani era stato trasferito lì da poche settimane e per lui, abituato alle notti convulse di una città molto più grande, quel capoluogo di provincia era troppo calmo. Al massimo c'era una rissa tra ubriachi, o un incidente nel fine settimana: niente di abbastanza stimolante, per i suoi gusti.
L'auto girò per via Pellico, zona di case popolari; sul marciapiede c'era una sola persona che camminava con passo incerto.
“Toh, guarda! – disse Tani – Un ubriaco... allora c'è vita su questo pianeta!”
Corleto, che quella battuta l'aveva già sentita troppe volte, sospirò.
Teo era in piedi dalle 6 del giorno prima, per uno di quei lavori occasionali con cui campava a malapena... però aveva guadagnato bene e aveva riscosso un vecchio credito.
Si era permesso il “lusso” di una cena in trattoria e poi aveva fatto un giro per i bar. Pensare al “cocktail” che aveva nello stomaco gli dava quasi la nausea: vino, birra, brandy, whisky, fernet, sambuca, grappa...
A quell'ora non c'erano autobus: un tale gli diede un passaggio fino a un chilometro da casa e quell'ultimo tratto , a Teo, sembrò eterno.
Tutto gli fluttuava attorno, la luce dei lampioni gli feriva gli occhi, la testa gli rimbombava come un tamburo. Non vedeva l'ora di buttarsi a letto, di levarsi di dosso la cappa di alcool e stanchezza che l'opprimeva.
Passò, lenta, un'auto della Polizia, unico segno di vita in via Pellico dove, a quell'ora, si vedevano solo auto parcheggiate, vecchie case e cassonetti maleodoranti. Pensò che, non molto tempo prima, aveva abitato in luoghi molto migliori e il confronto trasformò la sua sbronza da allegra a triste.
Finalmente arrivò al numero 86, una palazzina popolare nella quale occupava un modesto trilocale.
Siro Musetti soffriva d'insonnia: sua moglie dormiva benissimo, mentre lui si rigirava nel letto per ore, aspettando un sonno che non arrivava o durava poco.
Decise di alzarsi e, facendo meno rumore possibile, andò in salotto.
L'orologio segnava le 2; si sedette sul divano, accese la TV col volume al minimo e fece zapping: repliche di vecchi programmi, un notiziario, televendite assurde, tette e culi dei porno notturni... no, gli serviva qualcosa di più soporifero. Trovò un film noioso al punto giusto, in cui un attore e un'attrice parlavano per ore di sentimenti e incomunicabilità senza combinare nulla. Siro provò a seguirne la trama e sentì arrivare un sonno lieve e piacevole: benedetto il cinema d'autore!
Teo trovò il portoncino esterno della palazzina aperto e Lisa li ad aspettarlo.
La cosa era insolita, dato che lei rimaneva sempre in casa; inoltre, l'espressione del suo viso non era tranquilla e sorridente come al solito, ma piuttosto furiosa.
Teo le sorrise, biascicò un “ciao” e Lisa lo assali con tono rabbioso.
“Doooove sei stato fino a que-quest'ora?” gli chiese
“A lavorare – rispose Teo – sono stato dal Franchini tutto il giorno, per quelle riparazioni... poi ho cenato e ho bevuto un bicchiere con gli amici... che male c'è?”
“Che-che-che male c'èèèèèèèèèèèè??? - urlò Lisa – Ma ti rrrrrendi conto che sei stato via ve-venti ore e ade-de-desso torni ubriaco fradicio in piena no-no-notte come seeeeeeeee niente fosse? E mmmmmmagari avrai speso tutti i soldi che hai gua-guadagnato, vero?”
A Teo il balbettare di Lisa dava un enorme fastidio, ma ancora di più lo irritava vederla così furiosa e sentirla urlare: tutte cose che lei non doveva fare!
“Gua-guardati – riprese lei – no-non ti accorgi che fa-fa-fai schifo? Tre anni fa eri un uomo e ora sei ridot-to-to-to a un rottame alcolizzzzzzato che non riesce nemmeno a pa-pa-pagare l'affitto!”
“Taci, Lisa... urli troppo, sveglierai tutti!”
“Io urlo quaaaaanto mi p-p-pare e se si svegliano, meeeglio: voooglio che vedano tu-tutti quanto schifo fai e quanto sono stuuufa di farti da serva e so-sorriderti invece di prenderti a schiaffi!”
“Lisa, basta! - urlò Teo - Tu queste cose non me le devi dire, capito?!”
“E invece te le di-dico perché sei un fallito!!!”
“Ma come ti permetti?...”
“Fallito! Fallito!!! Fallitooooooooo!!!!!!!”
L'urlo di Lisa sembrò trapanargli il cranio e Teo perse la testa: le diede uno schiaffo talmente forte da farla cadere e si accanì su di lei a calci. Lisa cercò di rialzarsi, ma Teo la ributtò a terra e continuò, accompagnando ogni calcio con un'ingiuria: stronza, cagna, puttana, lurida, infame,...
Si fermò solo quando non ebbe più fiato e la vide immobile sul marciapiede, a faccia in giù.
Teo riprese un po' di lucidità: Dio, cos'aveva fatto?!... E come rimediare?
Non poteva certo lasciarla lì: con uno sforzo immane se la caricò sulle spalle e la portò a casa. Doveva salire quattro rampe di scale con quel peso, sentiva le gambe malferme e temeva che qualche vicino, svegliato dal litigio, lo sorprendesse; ma non si vide nessuno. Entrato in casa, Teo posò il corpo sul pavimento, dietro la porta e si sedette accanto, stremato.
Povera Lisa, come l'aveva ridotta!... Però anche lei se l'era cercata: mai si era comportata così, mai le era uscito di bocca il minimo rimprovero; e, se pure l'avesse fatto, lui avrebbe saputo come zittirla senza doverla massacrare a quel modo.
Ma, quella notte, l'alcool gli aveva preso la mano ed era, ormai, evidente che l'aveva fatta grossa. Sotto il corpo di Lisa si formò una macchia scura che le imbrattava il vestito e s'allargava sul pavimento: Teo cercò uno straccio per pulirla.
Il sonno di Siro fu interrotto da voci concitate che venivano dalla strada: mugugnò un'imprecazione, aprì appena le imposte e vide l'inquilino del piano di sotto litigare furiosamente con una ragazza.
Quel tipo non gli piaceva, era spesso ubriaco, rientrava o usciva a qualsiasi ora e si mostrava poco socievole. La ragazza non l'aveva mai vista, ma aveva sentito dire che c'era una che viveva con lui e stava sempre rinchiusa nell'appartamento, quasi vi fosse segregata.
Venne anche sua moglie: videro l'inquilino perdere le staffe e prendere a calci selvaggiamente la poveretta.
“Chiama la Polizia! – disse Siro alla consorte – Quello la ammazza di botte...”
Vide Teo prendere in spalla la ragazza ed entrare; decise di scendere incontro agli agenti non appena fossero arrivati, per raccontare loro l'accaduto.
Ciò andava contro la regola, non scritta ma rispettatissima, secondo cui ognuno doveva farsi gli affari suoi; ma il fatto gli sembrava troppo grave per tacerlo.
Quando la radio di bordo gracchiò l'ordine d'intervenire in via Pellico 86, Corleto invertì la marcia, accelerò un po' più del solito ma non accese la sirena: lui la usava con la stessa frequenza con cui un non fumatore usa l'accendisigari dell'auto.
Tani rimpianse i tempi in cui, a sirene spiegate, attraversava la città a tempo di record sull'auto guidata dal collega “Kamikaze” Sanna: uno che dei semafori rossi e dei sensi unici se ne fregava allegramente.
Arrivati sul posto, venne loro incontro un signore anziano in vestaglia che, lungo le scale, raccontò loro l'accaduto.
Teo sentì voci e passi, il campanello suonò, qualcuno si mise a bussare furiosamente: “Polizia! Apra subito, per favore!”
Teo spostò un poco il corpo di Lisa e aprì la porta quanto bastava a sporgere il viso; vide due agenti e, dietro di loro, il Musetti: quell'intrigante del piano di sopra.
“Ci hanno riferito che c'è stato un litigio e lei avrebbe picchiato una donna.”
“Sì... ho litigato... qualche schiaffo, niente di più...”
“Possiamo parlare con la signora?”
“Ora è a letto, non me la fate svegliare per favore...”
Tani guardò a terra: da sotto la porta filtrava un liquido scuro.
“Ci faccia passare!”
L'agente spinse via Teo, entrò, vide Lisa e si chinò su di lei tastandole il polso.
“Chiama un'ambulanza! - disse a Corleto – Anzi... no... aspetta....”
Tani sembrò stupito: alzo un braccio di Lisa, lo tocco, lo accarezzo; poi prese la sua testa tra le mani e le sfiorò le gambe.
“E'... è incredibile... Corleto, vieni a vedere!”
L'altro agente fece altrettanto, scostando anche l'abito per vedere meglio.
I due si alzarono e Tani chiese a Teo: “E' stato lei a fare questo?”
“Sì...”
“Come ha potuto fare uno scempio simile?”
“Ho bevuto... lei mi ha preso a parolacce... ho reagito male...”
Gli agenti si guardarono l'un l'altro, perplessi.
Dopo circa mezz'ora, Teo chiuse la porta: sentì i poliziotti che scendevano le scale parlando col Musetti. Guardò lei, sempre a terra dietro alla porta e diede sfogo alle lacrime.
Povera Lisa! Era stata la sua fedele compagna per dieci anni, il periodo più felice della sua vita. Gli era stata vicina sempre, averla a fianco lo rendeva orgoglioso e sicuro.
Lui era uno dei più brillanti laureati di un prestigioso corso universitario; aveva lavorato per grandi aziende, realizzato progetti di rilievo, guadagnato cifre da capogiro.
Poi, ci fu un lavoro finito male: la sua reputazione ne soffrì e non si vide più proporre incarichi importanti, né alti stipendi. Forse avrebbe potuto rimediare, ma si era messo a bere e l'alcool gli aveva dato il colpo di grazia.
“Fallito”, gli aveva gridato Lisa... Aveva ragione: lui era davvero un fallito, un relitto, l'ombra dell'uomo di successo che era stato.
Lei l'aveva seguito nella sua caduta senza mai lamentarsi; sempre tranquilla, sorridente e rassicurante fino a quella notte... che era successo?
Semplicemente, Lisa gli era sfuggita di mano. Teo non riusciva più a correggere i suoi errori e difetti, né eliminare quella fastidiosa balbuzie: aveva persa l'abilità di un tempo, e non aveva più il denaro per sostituire i componenti logorati dall'uso.
Sì, perché Lisa non era una donna, ma un robot che imitava perfettamente l'aspetto, i movimenti, la parlata, il comportamento di un essere umano.
L'aveva creata per hobby; poi si era reso conto che quella “ragazza” era un perfetto biglietto da visita quando si proponeva alle aziende, la prova tangibile della sua straordinaria abilità nel campo della robotica.
Perché funzionasse sempre meglio, aveva speso somme rilevanti e scelto i componenti più raffinati che la tecnologia offriva. Aveva programmato anche il suo “carattere” in modo che fosse sempre dolce, docile e remissivo... ma, forse, aveva sbagliato qualcosa.
O Lisa era talmente “perfetta” da accorgersi da sola della decadenza del suo creatore?
Teo non seppe darsi una risposta: con dolore, cominciò a esaminare la sua creatura e i danni che le aveva arrecato, sapendo di non poter fare più nulla per rianimarla.
E mai avrebbe immaginato di sentirsi così solo e disperato.
Molti abitanti di via Pellico rimasero a spiare l'accaduto, ma furono delusi nel non veder arrivare nessun altro dopo i due agenti: niente ambulanze o altre auto della Polizia, nessun uomo ammanettato che venisse portato via.
Tani e Corleto se ne andarono con calma, scambiandosi parole di ammirazione per quell'automa così perfetto... peccato che il suo creatore l'avesse anche distrutto in maniera tanto banale!
Corleto si annusava le dita: aveva toccato il liquido scuro che era per terra. Sangue?
No: dall'odore sembrava olio per circuiti idraulici.
Per loro, la notte non era ancora finita: la radio segnalò un tentativo di furto in Corso Vittoria e Corleto ripartì, sempre a sirena spenta.
Siro Musetti rientrò dopo aver parlato coi poliziotti; ne aveva sentite tante, ma mai di uno che avesse distrutto un robot dopo averci litigato!
Raccontò l'accaduto alla moglie, poi tornò davanti alla TV: il film di prima era finito, ne trovò un altro ugualmente noioso e attese che tornasse il sonno.
O finisse quella notte.
VOTATE!!!