Notte
Un locale da film anni Sessanta. Quelle atmosfere liquide, che non ho mai ritrovato nella realtà, che neanche credevo esistessero. Né ristorante, né bar, né discoteca, né night... Non so nemmeno perché ci sono capitato, e soprattutto perché ci sono restato fin quando l’ultimo cameriere ha spento le luci, costringendomi a capire che era ora di andare.
Non so neanche che ora sia, a che ora chiuderà un posto così irreale? La spiaggia, il locale che ne segue la linea per un po’, la sottile striscia del lungomare. E’ proprio la strada a separare i due mondi, quello irreale da dove sono appena uscito e quello fin troppo reale della cittadina, con le case, i lampioni, i negozi ed i bar chiusi ormai da tempo.
Ha smesso di piovere, l’aria è umida, nel piccolo parcheggio si sente il rumore del mare. Ho passato quasi più tempo fuori, sulla spiaggia, a fumare, che dentro, dove spesso sono entrato solo per rifornirmi. Ed è stato interessante osservare come i due mondi non si siano toccati mai, quasi inconsapevoli l’uno dell’esistenza dell’altro. Nessuna persona è venuta qui a piedi, uscendo da una delle case o dei bar situati dall’altra parte del lungomare. Nessuno dei frequentatori del locale se n’è andato, a piedi, attraversando la strada e sparendo in una delle viuzze che sul lungomare sboccano.
Nessuno è uscito su un balcone, neanche per guardare il mare, e le luci nelle case si sono progressivamente spente.
Dopo i primi bicchieri c’erano ancora molte luci che si accendevano e si spegnevano. Quando se ne accendeva una immaginavo fosse un riflettore, puntato su di me. “Signore e signori, reduce dai successi di Prato, Carpi, Terni, Macerata - per limitarci ai più recenti - ecco a voi...”. Quando si è spenta l’ultima mi sono sentito più solo del normale. Mi sono spostato, ho cercato di individuarne un’altra, ma dalla porzione di spiaggia davanti al locale non mi è stato possibile. Ho smesso di salutare il mio pubblico dal palcoscenico!
You said it in a strange kind,
I don't forget the day.
Your smile is not the same now,
you've drawn your hands away.Bella canzone! Il pianista ha fatto di tutto per rovinarla, ma si sente che è bella. Devo scoprire di chi è. Più triste o più sognante? Dovrei sentire quella vera, fatta da lui era... meno! Meno qualsiasi cosa!
Il rumore dei miei passi sulla ghiaia del parcheggio mi fa compagnia. Quando sono arrivato quasi non sapevo dove parcheggiare. Ora vedo solo la mia macchina, dovrebbe essere quella, se non ricordo male, e qua e là, nei punti più nascosti del parcheggio, qualche altra auto coi vetri completamente appannati. Gran comodità la pioggia d’inverno, quando si ha bisogno di scaldarsi con qualcuno e si cerca un riparo da sguardi curiosi. Chissà se quello che succede nelle macchine potrebbe risultare interessante per la realtà che si trova dall’altra parte del lungomare. Ne dubito: per incuriosirsi di ciò che avviene nelle macchine occorrerebbe anzitutto essere consapevoli della loro esistenza, cosa che dalle case non sembra avvenire.
Macchine a noleggio, sempre qualcosa di rotto. Questa volta è l’orologio. Quando andai a Matera in luglio senza aria condizionata, fu decisamente peggio! Non ho voglia di guardare il mio orologio, preferisco indovinare che ora sia. Dev’essere quell’ora della notte al confine tra il tardi del giorno passato e il presto del giorno che viene.
La radio funziona. A modo suo, ma funziona. Non so come fermare la ricerca delle stazioni per cui, da quando sono partito, riesco a sentire dieci secondi di una stazione, poi eccone arrivare subito un’altra per altri dieci secondi, poi un’altra... Non fosse che per arrivare qui ci ho messo mezzora, sarebbe stato anche divertente!
I don't begrudge it to you,
You've found another place.
Another place is good too,
but I can't look inside your face.
Inside your face? Now you get away.Musiche, voci che si rincorrono e si intrecciano, non mi fanno uscire quel motivo dalla testa. Il pianista lo ha ripetuto almeno cinque volte, nella serata, e ad ognuna delle cinque versioni ha cantato peggio. Eppure la canzone restava bella. Chissà di chi è? Spero di averla in testa ancora domattina.
Domattina? Stamattina! Dev’essere più tardi di quanto credo. Devo farla finita di fare queste ore, e di bere così tanto. Prima o poi una mattina non mi sveglierò in tempo, farò tardi, succederà un casino. E’ che queste trasferte mi annoiano sempre di più, mi fanno sentire sempre più solo.
In una città sconosciuta, di notte ci si può sentire soli più che se si fosse in trasferta nel deserto. Di giorno tutte queste città saranno sicuramente diverse, ma di notte, dopo cena, sono tutte uguali. E così, per esorcizzare la solitudine, anziché starmene tranquillo nel mio albergo, vado a passare le notti in posti in cui probabilmente mi sentirei solo anche se fossi con venti amici!
Il motore che va in moto interrompe per un attimo l’incessante giro della radio. Esco dal parcheggio a fari bassi, per non turbare la quiete delle macchine negli angoli. Quanto mi piace il rumore delle ruote sulla ghiaia!
Bene, ora, se riesco a mettere a fuoco il lungomare, se riesco a vederne solo uno, si tratta di seguire i cartelli verso la strada principale, quel grande viale alberato, quasi una superstrada, che mi ha portato qui dalla città maggiore, poco lontana. Ecco il lungomare, ecco il confine tra i due mondi. Mi aspettavo del filo spinato tra le due carreggiate. Ci saranno dei posti di frontiera? La vista funziona davvero male, peggio delle idee! I lungomare continuano ad essere due ed a danzare su e già davanti a me. Sarà meglio chiudere un occhio ed aprire il finestrino.
Di nuovo il profumo del mare, e qualche goccia di pioggia, isolata, che mi raggiunge. Foschia, le luci dei radi lampioni hanno un alone che le rende simili a tante piccole lune.
Nessuno in giro nella cittadina di mare. Dev’essere davvero tardi, o davvero presto, se neanche le puttane che avevo visto qui all’andata sono più in servizio! Qualcuno più solo di me.
Sono stanco di trasferte, stanco di girare, stanco di locali irreali, di alberghi con stanze singole che ormai non sono mai singole ma doppie, che con quel lettuccio vuoto fanno sentire ancora più soli, perché ricordano chi non c’è.
Dovrei dormire. In fretta. Non guardo l’orologio, troppa paura di realizzare che invece non avrò il tempo di chiudere occhio. Ogni tanto guardo verso est, quasi aspettandomi di vedere il cielo schiarire. E sarebbe davvero grave, visto che il sole non sorgerà prima delle sette e mezza.
Il grande viale, finalmente. A mezzora dal letto. Sempre se sarò in grado di centrarlo, e sempre se sarò in grado di addormentarmi con la testa che girerà, e sempre se avrò almeno cinque minuti per dormire.
Piove di nuovo forte. Socchiudo il finestrino. La radio saltella allegramente, e l’asfalto drenante rende il mio cammino tranquillo e sicuro. Una delle belle conquiste della civiltà!
Che strana notte, che strana luce. L’atmosfera di quel locale mi è rimasta dentro. Generalmente svanisce appena ne esco. Oggi no. Era troppo particolare, mi ha fatto pensare a “Il mare d’inverno” di Ruggeri, o a quelle canzoni degli anni Sessanta, in cui Fred Bongusto, o Peppino Di Capri, finivano sempre per uscirne disperati - dopo aver ballato o sognato - e in preda a quello che oggi chiamerebbero un attacco di panico, mentre allora si chiamava sconforto esistenziale.
And now we shunt our train on to a siding,
I see you wave your hand and disappear.
You said come on and fly with me,
fly and then we'll dive into an endless sea.
And now you fly again,
I couldn't fly like you.
And now I'm losing you.Non è il pianista, ‘stavolta. E’ la radio. Maledizione! Ora dovrei proprio riuscire a fermare la stazione. Mi chino a guardare i pulsanti, li pigio tutti, quasi in un colpo solo. Guardo il display e mentalmente conto i secondi. La musica continua, i secondi passano, sono più di dieci, sicuramente. Ho bloccato la stazione, finalmente saprò!
Rialzo lo sguardo per tornare al volante e alla strada. Ma né il volante né la strada sono più dove dovrebbero essere. Chi ha messo una curva proprio in questo punto? Ah, no, quella c’è sempre stata, sono io che oltre a non guardare l’orologio, non guardavo neanche il tachimetro. Probabilmente ci sono arrivato prima di quanto pensassi. Devo aver urtato il guard-rail, averlo seguito per un po’, poi devo essermi ribaltato. Adesso sto girando, sul tetto, velocissimamente, acquistando velocità ad ogni giro. Non va bene. La velocità dei giri non va assolutamente a tempo con la musica, che peccato!
Sì, il pianista l’aveva davvero rovinata. Meno male che sono riuscito a trovarla su questa stazione.
Ahi! Il cofano è finito sopra il guard-rail, il parabrezza si è sfondato, la macchina si è impennata per poi ribaltarsi nuovamente fuori dalla strada. Ora stiamo rotolando, insieme, lei e me, sicuramente legato a lei dalla cintura, giù per la scarpata. Speriamo solo che il brano termini prima che l’auto prenda fuoco. E soprattutto speriamo che la stazione radio non sia una di quelle in cui non annunciano i brani!
And now you fly again,
I couldn't fly like you.
And now I'm losing you.Sto prendendo colpi un po’ ovunque. Se perdo conoscenza adesso sarebbe il colmo. Il pianoforte sta sfumando, all’annuncio deve mancare poco.
La macchina, quello che ne resta per lo meno, è alla fine della scarpata, nuovamente ribaltata. Il sapore del sangue, ed il suo calore, sono l’unica cosa che, per un attimo, mi fa pensare che la mia situazione dev’essere piuttosto seria.
Il brano è finito. L’annuncio. C’è! Fool’s Garden. Che nome strano! Il giardino del matto. Bene, così lo ricorderò più facilmente, anche se magari rischierò di andare al negozio e chiedere il disco dei Fool on the Hill, di beatlesiana memoria...
Ora però ho sonno. Tanto sonno. Il cliente, domani, dovrà aspettare. Non credo di restare sveglio fino all’arrivo dei lampeggianti. Troppo stanco... Troppo debole...
VOTATE!!!