| Team Tema Libero |
| | Il peso del silenzio
Carla
Era una di quelle tipiche giornate d’estate limpide e calde. Guardavo il mio giardinetto ordinato e fiorito con orgoglio, ero dispiaciuta perché nel tagliare i fiori secchi, due rametti di geranio si erano spezzati. Decisi che li avrei messi in un vasetto di fronte alla foto della mamma. Proprio in quell’attimo squillò il telefono, mio fratello, era così agitato che faticavo a capire quel che mi stava dicendo, poi percepii che qualcosa di grave era successo a Valeria. I fiori mi caddero dalle mani e quei petali rossi si aprirono a ventaglio sul pavimento. Parevano gocce di sangue.
Non ce la sentimmo di guidare, con il treno arrivammo dopo un’ora alla stazione, Franco era lì ad aspettarci. Era molto scosso, aveva gli occhi spenti e le labbra chiare, quasi trasparenti. Ci disse con voce sommessa e a tratti con lunghe pause, quasi non riuscisse a mettere a fuoco il filo dei pensieri, quel che era successo: “Era l’ultimo giorno di vacanza, siamo andati in spiaggia, il mare era mosso e c’era molto vento ma decidemmo di fare il bagno lo stesso. Valeria, come sapete era una brava nuotatrice, io invece avevo la fobia dell’acqua alta, mi sentivo sicuro solo se allungando le gambe, sentivo la presenza rassicurante della sabbia. Giocavamo e scherzavamo ma all’improvviso mi resi conto che la forte corrente ci aveva portati lontani. Provai a cercare con i piedi la sabbia ma sotto di me c’era solo acqua; Valeria cercò di tranquillizzarmi, mi disse di nuotare con calma verso riva, per un po’ riuscii a vincere la paura, ma quando mi accorsi che eravamo sempre fermi nello stesso punto, il terrore si impossessò di me e iniziai a bere. Anche lei era spaventata perché non riusciva a calmarmi, iniziò a gridare aiuto, ma il rumore delle onde e del vento superava la sua voce; nessuno ci avrebbe potuto sentire. Cercò di sorreggermi la testa e iniziò a bere anche lei, a quel punto riuscii a reagire e ad ascoltare i suoi consigli, mi imposi l’autocontrollo e iniziai a respirare quando le onde si allontanavano dal mio viso , a nuotare con più vigore e ad arrivare a riva, a stento mi alzai in piedi, ero sicuro che Valeria fosse dietro di me, ma lei era sparita non c’era più.-“ Iniziò a piangere a dirotto, ci stringemmo tutti e tre in un unico abbraccio.
L’indomani venne trovata in un fondale di quattro metri. Il viso era contratto in una strana smorfia e gli occhi erano sbarrati, la accarezzai, le chiusi gli occhi; avrei voluto scaldarla con le mie mani, era così fredda. Quel gelo lo sento tuttora e non mi abbandonerà più.- Volli essere io a vestirla col suo abito preferito. L’infermiera che mi aiutava era meravigliata della mia forza; se avesse neanche lontanamente immaginato come mi sentivo! Mi venne in mente quando con Valeria vestimmo la nostra povera mamma, fu straziante ma eravamo noi due, unite più che mai dalla sofferenza e dall’amore che ci legava a lei. Ricordavo con quanta tenerezza le pose tra le mani una rosa rossa, ora ripetei quel gesto per lei. Era bellissima, abbronzata, il viso ora era disteso e pareva che da un momento all’altro potesse aprire gli occhi per deriderci tutti. Franco se ne stava in disparte, provai a convincerlo ad avvicinarsi, gli dissi che non faceva per niente impressione, ma non la volle vedere. Era in un angolo della camera mortuaria, sembrava allucinato, con lo sguardo perso nel nulla.
Nei giorni e mesi seguenti non facevo altro che pensare a come mai Valeria non fosse riuscita a tornare a riva. Non sopportavo il fatto che Franco non si fosse voltato almeno una volta per vedere se lei lo seguisse. Ne parlavo con Gianni, ma lui aveva accettato la disgrazia e mi diceva che avevo le paranoie, dovevo rassegnarmi e accettare la realtà.
Da quella notte iniziò il mio sogno ricorrente, non era spaventoso, ma mi incuteva un senso di oppressione. Il mare era agitato, le onde si infrangevano con violenza sulla battigia, il rumore della risacca era forte e copriva quello del vento. Il cielo era scuro e carico di nuvole dense di pioggia, ero in piedi nella spiaggia a scrutare il mare, cercavo non sapevo cosa e sentivo un gran freddo, il vestito aderiva al mio corpo gelato. In quel preciso istante mi svegliavo. Sentivo dentro di me il freddo del sogno, provavo a rigirarmi nel letto ma sapevo che non avrei più dormito. Guardavo attraverso le persiane per vedere se la luce dell’alba iniziasse a farsi strada tra le tenebre della notte, ma non era così! Almeno avessi sognato lei, invece no, solo quel mare denso e scuro. Non riuscivo ad accettare la sua morte, ogni oggetto mi parlava di lei, la vedevo mentre mi parlava di Franco, dei loro progetti per andare a vivere insieme. La sua allegria si scontrava con la mia irriducibile apatia verso i rapporti stabili, avevo provato troppe delusioni nella vita per credere ancora in un amore così appassionante. Aveva subito capito a cosa stavo pensando, per lei ero un libro aperto, tra noi non c’era bisogno di tante parole per capirci, mi venne vicina, mi abbracciò e mi disse che dovevo crederle, quello era veramente l’uomo adatto a lei. Accarezzai il bracciolo della poltrona dove lei abitualmente si sedeva, quanto mi mancava!
Decisi di parlare con Franco, avevo aspettato anche troppo tempo. Lo chiamai al telefono, mi disse che aveva un lavoro urgente che doveva portare a termine e che in quei giorni non poteva vedermi, mi avrebbe richiamato quando fosse stato più libero. Il tempo passava ma non mi chiamò.
Franco Le pillole funzionavano alla grande, ora riuscivo a dormire tutte le notti. Da tempo desideravo riposarmi così, niente occhi sbarrati nel buio, niente sogni, solo tante ore di sonno. Lei era sempre nella mia mente, presente e viva più che mai. Vigliacco, non ero stato che un vigliacco.
Carla mi ossessionava con le sue domande, avevo finto di essere sfinito e le dissi che il ricordo mi faceva star male. Mi guardava con uno strano sguardo, non sapevo se mi credesse o meno. Da quel giorno l’ho evitata in tutti i modi. Al telefono riuscivo ancora a controllarmi, ma se l’avessi incontrata, avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava. Non potevo vederla. Somigliava così tanto a Valeria che per me sarebbe stato improponibile. Se solo fossi riuscito a dire tutto a qualcuno di cui potessi fidarmi,forse sarei riuscito a non avere timore di tutto. Ma avevo capito che avevo paura soprattutto di me stesso, perché in quegli attimi interminabili avevo conosciuto l’essere abbietto che era in me! Sarebbe stato più giusto se quel giorno non fossi riuscito a salvarmi. Ipocrita, ora mentivo anche a me stesso, sapevo che volevo vivere e che ero contento di essermela scampata.
Carla Tornai stanca e scontenta, neanche il lavoro mi appagava più, aprii la cassetta della posta e trovai le solite fatture e poi una lettera. Mi meravigliai. Ormai nessuno mi scriveva più , o meglio, la corrispondenza che ricevevo era tramite la casella di posta elettronica. Poggiai la borsa sul tavolo, mi tolsi il giaccone e la sciarpa e mi sedetti sulla poltrona vicino al camino dove di solito stava Valeria. Aggiunsi due pezzi di legno e soffiai sulla brace ancora presente sotto la cenere, fino a che non vidi la fiamma prendere vita. Guardai il mittente e meravigliata aprii la busta.
“Carla, ti scrivo perché non posso più andare avanti così, il rimorso mi sta consumando. So che non mi hai creduto. Quel giorno l’ho rivissuto milioni di volte, e milioni di volte mi sono maledetto.. Valeria voleva salvarmi, ha fatto di tutto, mi teneva la testa fuori dall’acqua, mi girava intorno per cercare di afferrarmi con il braccio da dietro perché la stavo facendo bere. Anziché essere arrendevole l’ho ostacolata, mi aggrappavo a lei, la spingevo giù per stare a galla e vedevo che continuava a bere sempre più, fino a che inerte si lasciò trascinare dalle onde via da me e la vidi sparire tra i flutti. La forza della disperazione e una lucidità improvvisa, unita all’istinto di sopravvivenza, hanno fatto il resto; ho iniziato a nuotare con rabbia e con foga e sono arrivato a riva. Non ho fatto nulla per cercarla e per provare a salvarla. Se non si fosse fermata ad aiutarmi e se fosse stata egoista come me, ci saremmo salvati entrambi. Non la meritavo. Ora che sai, fai tutto quello che vuoi, sputtanami con tutti quelli che mi sono stati vicini e mi considerano una vittima mentre invece sono il carnefice. Tuo fratello ogni tanto mi chiama, è affettuoso, vuole che gli parli di lei. Attraverso i ricordi cerca di tenerla viva nella sua mente. Fai leggere la lettera anche a lui, è giusto che sappia. Non ti chiedo di perdonarmi, non lo merito. Ho perso una persona unica e meravigliosa. La mia pena più grande sarà quella di non averla più accanto.”
Rimasi per un po’ immobile, intorpidita, quelle parole mi turbinarono nella mente, mi sentii gelata come nel sogno, nulla mi poteva scaldare, mi sembrava di essere precipitata in quel mare burrascoso, percepii ciò che lei aveva provato: sola e tradita dall’uomo che amava alla follia e per il quale aveva sacrificato la vita. Ora capivo il perché di quella strana smorfia del suo viso e di quegli occhi spalancati dalla sorpresa; si era lasciata morire, non aveva lottato per salvarsi. Avrebbe potuto divincolarsi e pensare solo a se stessa, ma non l’aveva fatto. Abbracciai il suo cuscino e annusai forte, sentivo il suo profumo, la sentivo presente come non mai, piansi fino allo sfinimento.
Sapevo ciò che Valeria avrebbe voluto, accartocciai quei fogli e li buttai nel camino. Una fiammata e quelle parole sparirono nel crepitio di pochi istanti.
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VOTATE!!!
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