Tema Libero

Una canzone degli "883", Racconto con poche pretese

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view post Posted on 10/6/2010, 08:54     +1   -1
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In un mondo di John e di Paul io sono Ringo Starr

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Riferendomi al thread

#entry400416893

propongo un racconto quasi analogo che tengo nel cassetto da qualche mese.
Ritengo che quello di Giulia sia migliore, ma lascio che a giudicare siate voi.
Grazie a chi lo leggerà.

UNA CANZONE DEGLI “883”



Colonna sonora: www.youtube.com/watch?v=4l3ZAmP-vtw


Stasera sono uscito tardi dal lavoro, mi sento stanco e di cattivo umore anche perché a quest'ora è già buio e la foschia annuncia l'arrivo di un altro inverno.
Nel parcheggio dell'azienda è rimasta solo la mia auto; a dire il vero non la sento ancora del tutto “mia”, dato che l'ho comprata da poco e non mi sono ancora abituato a lei.
Credo di aver fatto bene a prenderla: quella di prima era troppo grande per le mie esigenze, aveva troppi chilometri sulle spalle e mantenerla costava troppo.
Eppure mi sento a disagio come se, vendendola, l'avessi “tradita” sbarazzandomi, con lei, anche di una parte di me stesso... ma si può “tradire” un auto?
E' un pensiero un po' futile, ma basta a tenermi occupata la mente nei dieci minuti che mi servono per tornare.
Arrivato a casa mi spoglio, faccio la doccia, mi rivesto e preparo da mangiare.
E' il momento in cui benedico le piccole comodità che mi semplificano la vita, come i surgelati e il forno a microonde; per cena ho pizza, birra e il solito contorno di solitudine. Accendo la TV, guardo un telegiornale e poi giro per i canali: trovo un telefilm che, da ragazzo, mi piaceva ma rivederlo ora mi dà un senso di tristezza.
Meglio spegnere tutto e andare al bar.
Vado sempre nello stesso locale e bevo sempre le stesse cose; potrei benissimo berle a casa, ma andarci è un pretesto per uscire e non restarmene da solo, fare due chiacchiere o giocare a carte.
Questa sera c'è poca gente; Lella, la barista, mi versa un brandy e racconta che Tino si è operato al ginocchio, Salvatore è andato a trovare i suoi e Giorgio ha l'influenza.
Mi siedo a un tavolo, sfoglio i giornali ma le notizie che leggo sono già vecchie. Nella saletta della TV alcuni ragazzotti seguono una partita di non so quale coppa, scambiandosi commenti e battute.
A me il calcio non interessa più da molto; eppure anch'io sono stato un tifoso, mi sono esaltato o abbattuto per le vicende di una squadra... e poi, come dimenticare l'estate '82 quando scendemmo tutti per strada urlando e sventolando bandiere, pazzi di gioia per quel 3 a 1?
Sembra passato un secolo e i tizi davanti alla TV forse non erano ancora nati.
Qui non ho niente da fare, ma non ho voglia di tornare a casa e andare a letto: mi sento nervoso, inquieto, non riuscirei a prendere sonno; forse fare due passi mi calmerà. Esco e attraverso la strada; dalla tasca del giubbino tiro fuori il mio lettore mp3, metto gli auricolari, lo accendo. Mi arrivano le note della canzone degli “883” che racconta una storia come la mia: quella di un uomo solo che va nel solito bar e ripensa a un passato felice che non gli appartiene più.
Ne ascolto le prime parole e ho un attimo di malessere: mi fischiano un po' le orecchie, ho un leggero capogiro... forse è colpa del brandy che ho bevuto troppo in fretta: chiudo per un attimo gli occhi, tutto passa e inizio la mia passeggiata.
La mia cittadina non è grande, non c'è molto da vedere e in giro non c'è quasi nessuno. Cammino senza una meta precisa e mi torna in testa la solita domanda: è questo il futuro che avevo sognato?
La salute va bene, lavoro, non ho problemi economici ma non mi sembra d'essere diventato un uomo di successo. Non ho fatto nulla di speciale e dubito che, a 40 anni suonati, io possa ancora dare una svolta al mio destino, scegliere una strada diversa da quella che ho presa.
Eppure ho avuto le mie occasioni: per esempio, mi chiedo ancora cosa sarebbe accaduto se avessi iniziata la carriera militare.
Un mio superiore, alla fine della naja me l'aveva proposta e non mi era sembrata una cattiva idea: nell'esercito non stavo male, avrei avuto un posto sicuro, un discreto stipendio e potevo prestare servizio in città più grandi della mia... sarebbe stata una vita forse un po' più scomoda ma certamente meno banale di quella che faccio ora.
E se avessi accettato l'offerta di lavoro di quella ditta tedesca?
A quest'ora avrei girato mezzo mondo e sperimentate cose molto più stimolanti di quelle che vivo.
Invece ho preferito restare qui, in una realtà piccola e rassicurante dove, nel raggio di poche centinaia di metri è concentrata quasi tutta la mia storia.
Là c'è l'asilo dove, da bambino, non volevo mai andare; poi le scuole, la chiesa e l'oratorio. Il campetto in cui giocavo a pallone non c'è più: ci hanno costruito un supermercato. C'è ancora il cinema, dove ho visto tanti films che mi sembravano bellissimi, ma è chiuso da anni; poi la casa di Alberto, quella di Mario, di Ottavia, di Silvia... di tanti amici che, ora, vivono altrove.
Qui ogni cosa mi sembrava chiara e semplice: avevo davanti a me tanto tempo per studiare, divertirmi, coltivare amicizie, trovare un buon lavoro e una casa tutta mia.
Non avevo fretta, ero convinto che tutto sarebbe arrivato a tempo debito e non mi sarei lasciato sfuggire gli appuntamenti, le occasioni importanti, le scelte giuste.
La vita mi sembrava un albero carico di frutti che dovevo solo lasciar maturare: li avrei raccolti e gustati uno dopo l'altro, senza perderne nessuno.
Non è andata così: molti di quei frutti, forse i migliori, li ha presi qualcuno più abile o deciso di me. Altri, che sembravano bellissimi, si sono rivelati guasti o senza sapore; altri ancora sono caduti prima che potessi coglierli.
Mi sono rassegnato a prendere l'ultimo rimasto: non è cattivo, ma non è neppure buono come avevo sperato.
Un'auto si ferma poco lontano, ne scendono un uomo e una donna con un bimbo in braccio: sono Emiliano e Sonia, due amici della mia vecchia compagnia. Benché fosse evidente che erano fatti l'uno per l'altra, ci hanno messo del tempo per mettersi insieme e sposarsi ma sono diventati una coppia felice. Il loro figlio, Lucio, è un bambino bellissimo e, soprattutto, desiderato.
Vorrei fermarli e salutarli ma, prima che io mi avvicini, sono già entrati in casa.
Averli visti mi porta un altro pensiero: anch'io mi sarei potuto sposare e avere dei figli.
C'erano almeno due ragazze che mi piacevano davvero e potevano essere “quelle giuste”, ma anche qui le cose non sono andate come pensavo.
Forse ho esitato troppo, forse non ho avuto il coraggio o la voglia di farmi avanti, di “dichiararmi” quando sarebbe stato il momento; sta di fatto che Nicoletta ed Elena non hanno aspettato me e hanno scelto altri.
Potevo sposare qualcun'altra, ma sarebbe stato un ripiego: ho avuto altre storie senza trovare una donna con cui valesse la pena di passare il resto della mia vita e ho quasi persa la speranza che ci possa essere.
Così, anche stasera, mi ritrovo da solo a ripensare a quanto ho perso, alle decisioni che non ho prese, al vuoto che vivo e non so come riempire.
Sul mio albero non vedo più fiori né frutti e le sue foglie, ormai, cominciano a ingiallire.
La mia passeggiata è quasi finita: fra poco risalirò in auto, tornerò a casa e andrò a letto sperando di addormentarmi subito.
Un gruppetto di persone è fermo davanti al bar.
Mi avvicino: per terra c'è un corpo parzialmente ricoperto da un lenzuolo.
I presenti dicono che quel tale è stato visto stramazzare sul marciapiede e qualcuno ha provato a soccorrerlo senza riuscire a rianimarlo; Lella è sulla porta del bar e piange.
Chi è il morto? Noto che indossa dei pantaloni e delle scarpe simili alle mie, dal lenzuolo sporge la mano sinistra e vedo al polso un orologio dello stesso modello che ho io; per terra, lì vicino, c'è un lettore mp3.
Arrivano i Carabinieri e un'ambulanza, un agente si avvicina e ne scopre il volto ma io non resto a guardarlo: ho capito chi è.
Dunque, la mia vita finisce qui... ma perché non provo paura, angoscia o dolore... anzi, mi sento stranamente sereno e sollevato?
Forse perché sto per lasciare un'esistenza senza sbocchi e sto andando incontro a qualcosa di meglio?
Può darsi, ma una lezione credo di averla capita: se mi verranno date altre occasioni, non le sciuperò come ho fatto finora.
E' strano: anche se sono morto e non ho più il mio mp3, continuo a sentire la canzone degli “883”: ormai è arrivata alla parte finale, quella strumentale e io mi allontano da lì senza fretta.
Qualcosa mi dice che, non appena la musica finirà, io sarò altrove.
 
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view post Posted on 10/6/2010, 15:45     +1   -1
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Oderico ho i brividi! Davvero! Ho letto il racconto tutto d'un fiato e con il sottofondo della canzone degli 883 da te scelta.

Secondo il mio parere è il più bello che tu abbia scritto, si sente tutta l'amarezza del protagonista, si percepiscono come un pugno nello stomaco le sconfitte che ha avuto dalla vita, le sue scelte sbagliate, la sua solitudine è palpabile e magistralmente descritta.-
Mi sono ritrovata in molte descrizioni della tua città che è anche la mia. Gli amici che prendono altre strade e che partono.

La fine poi è stranamente simile a quella del mio racconto. Certo nel mio la morte l'ho volutamente fatta apparire come qualcosa di allegro e leggero invece quì appare buia, cupa e molto reale.-

:tl_applauso:
 
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_basura_
view post Posted on 10/6/2010, 16:00     +1   -1




Molto bello Ode, come capita quasi sempre, fino al finale, che da te è sempre sbrigativo.. Ode cavolo, tu curassi di più i finali saresti davvero bravo, perchè le idee le hai tutte!
 
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espero
view post Posted on 10/6/2010, 17:26     +1   -1




è bello e si legge in un fiato, ma poichè sei vivo, devi aggiungere qualcosa.
 
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view post Posted on 11/6/2010, 07:54     +1   -1
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Grazie per i vostri interventi: non pensavo che questo lavoretto vi avrebbe (se così si può dire) entusiasmato.

La canzone che ne è lo spunto mi piace molto e i testi di alcuni brani m'ispirano parecchio; forse perché un po' mi riconosco in essi e riescono a dire in poche parole ciò che mi è difficile esprimere.
Ho provato a costruire, sul testo degli "883", una storia; gli ho dato una premessa e un finale e, se mi è riuscita bene (?) è perchè mi sono particolarmente immedesimato nel personaggio, riconoscendovi qualche tratto della mia personalità e della mia "biografia".

Visto il risultato, ritenterò un'analoga operazione: nel concorso o fuori, non importa. :tl_ciao:

CITAZIONE (espero @ 10/6/2010, 18:26)
è bello e si legge in un fiato, ma poichè sei vivo, devi aggiungere qualcosa.

Dimmi cosa, Espero: i tuoi consigli m'interessano molto!

Edited by Oderico - 11/6/2010, 10:56
 
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trilly1
view post Posted on 11/6/2010, 08:43     +1   -1




Molto bello Oderico, come il sottofondo di Max Pezzali ... Gli anni, una delle canzoni piu' belle, un racconto semplice e lineare che fa tornare indietro nel tempo alle scelte che ognuno di noi ha fatto...

complimenti !!! :tl_applauso:
 
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deljla
view post Posted on 11/6/2010, 08:56     +1   -1




Mi è piaciuto Ode, anche se io preferisco trame più "complicate". L'hai scritto molto molto bene, è scorrevole ed è stato molto piacevole leggerlo con la colonna sonora :tl_kiss:


E' incredibile come per questa tornata di racconti fuori concorso sia tu che Giulia che io siamo stati ispirati, anche se in maniera diversa, dalla fine della vita terrena, non trovi? In tutti a tre i casi però diamo per scontato un prosieguo in qualche modo sereno e confortante. Questa cosa mi è piaciuta assai :tl_denti1:
 
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view post Posted on 11/6/2010, 09:57     +1   -1
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CITAZIONE (deljla @ 11/6/2010, 09:56)
E' incredibile come per questa tornata di racconti fuori concorso sia tu che Giulia che io siamo stati ispirati, anche se in maniera diversa, dalla fine della vita terrena, non trovi? In tutti a tre i casi però diamo per scontato un prosieguo in qualche modo sereno e confortante. Questa cosa mi è piaciuta assai :tl_denti1:

Scontato non so, sperato certamente.
 
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7 replies since 10/6/2010, 08:54   284 views
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